mercoledì 3 ottobre 2007

La triade di Taiwan


Tsai, Hou, Yang.

I portoghesi la scoprirono nel 1517 e la chiamarono Formosa, "La bella". Solo in tempi recenti l'isola diventa Taiwan e solo dagli anni'80 il suo cinema arriva in occidente. Prima di allora a Taiwan si facevano soprattutto film di kung-fu. Il balenante maestro hongkonghese King Hu vi aveva girato il meraviglioso "A touch of zen", la fanciulla cavaliere errante,nel 1971. Quando, proprio nel 1971, Taiwan viene espulsa dall'Onu, quando nel 1975 muore il generale Chiang Kai-shek che sognava ancora di conquistare la Cina, quando infine nel 1979 gli Usa rompono le relazioni con Taiwan, sembra cominciare un periodo di isolamento. Ma non è così: il governo punta sul cinema e nasce quella che viene chiamata la nouvelle vague taiwanese. Due i registi che si impongono: Hou Hsiao-Hsien ed Edward Yang. Hou lavora sul tema della memoria, ama il mondo rurale, privilegia fin dai primi film il piano-sequenza e le lunghe scene, compone da perfezionista ogni sguardo della macchina da presa come un quadro e come palcoscenico, dà spazio al vuoto, al tempo, al silenzio. Yang è affascinato dalle atmosfere cittadine, dal caotico incrociarsi di spazi e vite, dal brulicante rimescolarsi di culture, lingue e architetture così caratteristico del suo paese. Hou si impone come raffinato artista della nostalgia e della perdita, prima in "vacanze dal nonno" (1984), "le passate cose dell'infanzia" (1985) e "ripercorrendo con nostalgia il cammino della vita"(1987), delicati ed affettuosi racconti di bambini e adolescenti in ambientazione rurale, poi con quell'affresco storico e familiare che è "città dolente", impasto linguistico di mandarino, taiwanese, shangaiese e giapponese, Leone d'oro a Venezia nel 1989. E ancora sono i ricordi del burattinaio Li, nel metaforico e fatalistico " il maestro di marionette"(1993), a raccontare 45 anni di occupazione giapponese. I più recenti di Hou, L'erratico "goodbye south goodbye" (1996), il sontuoso e fluttuante " fiori di Shangai" (1998), L'enigmatico "millenium mambo" (2001), si lasciano andare più all'osservazione di ciò che manca, che non alla narrazione di ciò che accade. Hou è sempre più attratto dall'immobilità e dallo svuotamento di ogni situazione:le dilatazioni e le ellissi sono diventate la cifra del suo cinema. Il metropolitano Edward Yang percorre un itinerario diverso, forse meno lineare, ma oggi più interessante. E' il fluviale " a brighter summer day" (1991) a portare Yang all'attenzione della critica. Poi vengono alcune commedie, frammentate e sofisticate, il cui caos è già detto dai titoli, "a confucian confusion" (1994) e " mahjong" (1996). Con il magnifico e misurato "Yi YI", storia familiare a più voci e Premio per la regia a Cannes nel 2000, Yang trova la sua vena migliore, quella di un umanesimo sincero, tenero, profondo. Insieme a Hou e a Yang, l'altro grande del cinema taiwanese è Tsai ming-liang. Di origini malesi, Tsai comincia con un film sulle speranze e le delusioni dei giovani di Taipei, "rebels of the neon god" (1992), poi affronta il tema dell'omosessualità in "vive l'amour"(1994, Leone d'oro a venezia), sfiora l'incesto tra padre e figlio ( che non si riconoscono nel buio di una sauna gay) in il fiume (1996), viaggia tra l'ossessione e il divertimento musicale nel piovoso " the hole- il buco" (1998). Si conferma infine autore di polso con lo ieratico "che ora è laggiù?" (2001) e con un omaggio quasi keatoniano, al glorioso vecchio cinema dei duelli volanti, "good by, dragon inn" (2003). E ci sono nuovi nomi da imparare: sopratutto quello di Lin Cheng-sheng, che vince l'orso d'argento a Berlino nel 2001 con "betelnut beauty", storia di una passione lesbica in una Taipei desolata e lacerata. L'oriente non è più rosso da un pezzo. C'era una volta Formosa la bella.
L'autore di questo articolo è Bruno Fornara ed è stato pubblicato su Filmtv.

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