domenica 7 ottobre 2007

Sonatine

Titolo: Sonatine
Regia:Takeshi Kitano
Produzione: Giappone 1993
Sceneggiatura: Takeshi Kitano
Musiche:Joe Hisaishi
Montaggio:Takeshi Kitano
Fotografia:Katsumi Yanagishima
Durata:94 min.

Dopo una vita piena di rischi e giunto ad avere un ruolo di primo piano all’interno del suo clan, Murakawa (Kitano) non ha più interesse per la vita da yakuza. Tuttavia il suo capo, Kitajima, lo costringe a partire per regolare un conflitto fra due bande rivali nell’isola di Okinawa, nella zona meridionale del Giappone. Poco convinto della necessità di questo viaggio, Murakawa parte comunque, accompagnato da un paio di fedelissimi. Non appena giunto sul posto Murakawa si rende conto che è stato un tragico errore accettare l’incarico, in realtà la missione è una trappola per eliminarlo. A questo punto Murakawa e il resto dei sopravvissuti trovano rifugio in una casa lungo una spiaggia desolata. Lì, sotto un cielo blu cobalto e un sole cocente, mentre Murakawa e i suoi uomini giocano innocentemente sulla sabbia bianca e il tempo sembra essersi fermato, accade qualcosa …

Presentato al Festival di Cannes (Un Certain Regard) nel 1993 e vincitore al Festival di Taormina nello stesso anno, Sonatine è il film che rivelò al resto del mondo Takeshi Kitano, attore, regista e sceneggiatore giapponese nonché presentatore e comico celeberrimo nel suo paese. Il film inizia in modo violento, rispettando i canoni del genere noir (la missione, il tradimento, le sparatorie) ma, a mezz’ora dall’inizio Kitano , violando ogni convenzione da film di genere,rallenta il ritmo e la tensione si distende: il clan, ormai decimato dagli attacchi, si rifugia in spiaggia e Murakawa per ingannare l’attesa,coinvolge i suoi uomini in una serie di giochi demenziali. Battaglie con i fuochi d’artificio, roulette russe, parodie della lotta sumo (una scena indimenticabile). Il gioco è il modo in cui Kitano spiazza i suoi personaggi,smuovendoli dall’apatica attesa dell’inevitabile confronto finale; il sorriso di Murakawa e dei suoi uomini è quello di chi ha capito di essere una marionetta nelle mani del destino e si rassegna ad aspettare la morte.

Dopo la parentesi in spiaggia il film ricomincia a scorrere e la violenza riappare all’improvviso,inattesa, disegnando macchie di sangue sui corpi, in silenzio, senza lamenti. Nel cinema di Kitano le cose accadono senza suspance e senza concederci il tempo per capire cosa sta succedendo, ma il suo modo di riprendere la violenza sorprende per la sua originalità lontana dall’enfasi di un Pechinpah, ma molto più vicina quanto a sensibilità e astrazione a Melville e Ozu. E’ il capolavoro di Kitano, il film nel quale ha dato prova di una sapiente capacità registica che non segue nessuna delle strade consuete del cinema di genere, ma le supera riuscendo comunque ad emozionare e riflettere sulla sua visione “nichilistica” della vita.

Bibliografia essenziale:

Takeshi Kitano di Vincenzo Buccheri edizioni il castoro cinema

Il cinema nero di Takeshi Kitano a cura di Luciano Barcaroli edizioni Ubulibri

Takeshi Kitano della morte dell'amore di Francesco Ruggeri edizioni Sentieri Selvaggi

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