tag:blogger.com,1999:blog-89513863222575960702024-02-19T08:24:46.735+01:00Sonatinecinema & contaminazioniKitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.comBlogger26125tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-68706216093140965192008-09-06T13:41:00.003+02:002008-09-06T13:51:07.998+02:00Borges. 'La mia passione per il cinema di Orson Welles'<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1ft9_veyefR0u6SmlLZppbXWCVl_W7XJpi6R9x0wxEgg6zp189uAQ1tP5NNRs2vvDnDm7lmXPGgIAc-gv_c0WpS3nGUUY6bp5I5r4bwhRKECk58KOZHjpH3dJ2_X1gaf7DnboO7Vu08oS/s1600-h/Jorge_Luis_Borges_Hotel.jpg"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1ft9_veyefR0u6SmlLZppbXWCVl_W7XJpi6R9x0wxEgg6zp189uAQ1tP5NNRs2vvDnDm7lmXPGgIAc-gv_c0WpS3nGUUY6bp5I5r4bwhRKECk58KOZHjpH3dJ2_X1gaf7DnboO7Vu08oS/s400/Jorge_Luis_Borges_Hotel.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5242873839011724034" /></a><br />Nel 1977, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jorge_Luis_Borges">Jorge Luis Borges</a> concesse un’intervista per uno “speciale” Rai dedicato ad <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Orson_Welles">Orson Welles. </a>L’incontro avvenne a Milano, in casa dell’editore Franco Maria Ricci. All’ultimo momento, però,il poeta non volle farsi filmare, perché troppo disturbato dalle telecamere. La cinepresa fu spenta e l’intervista rimase inedita.<br />Quando ancora i suoi occhi vedevano,Jorge Luis Borges scriveva di cinema. Nella prefazione alla “Storia universale dell’infamia” (1953), Borges riconosceva che i suoi primi esercizi narrativi derivavano dal cinema di Joseph Von Sterberg , regista viennese trapiantato ad Hollywood . E,tra il 1931 e il 1944,pubblicò sulla rivista Sur diversi articoli su film e registi. Tra questi anche Orson Welles e il suo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Orson_Welles#Quarto_Potere">“Citizen Kane” (Quarto Potere, 1941)</a>.<br /><span style="font-weight:bold;">In quell’articolo lei scrisse che “Citizen Kane è un labirinto senza centro…</span><br />Non me ne ricordo, ma se ho detto che il film di welles è un labirinto, allora ne ho fatto un elogio. Però, se ho aggiunto che è senza centro, ho sostenuto che è un caos, perché i labirinti hanno in sé un disegno, un senso.<br /><span style="font-weight:bold;">Cosa ricorda di questo film?</span><br />Ricordo che è molto bello. C’è una cosa che mi aveva colpito: la descrizione della grande solitudine americana. Gli americani si sentono molto soli e cercano di riempire il vuoto della loro vita accumulando milioni di dollari e di oggetti, ma non sanno che farsene. In realtà, non ne godono,come Kane. Quest’uomo, nella sua memoria cerca continuamente il significato di un nome: Rosebud. Solo alla fine lo trova, prima di morire. E’ un po’ come in certe opere di Victor Hugo, o di Thomas De Quincey, o di Frank Kafka.<br /><span style="font-weight:bold;">Lei ha scritto: - Col passare degli anni un uomo popola l’universo di immagini, province, regni, montagne,baie,navi,isole,pesci,stanze,cavalli e persone. Poco prima di morire scopre che questo paziente labirinto di linee disegna l’immagine del suo stesso visto -. Avviene proprio questo per il cittadino Kane di Welles. Alla fine del film si vedono tutte le migliaia di oggetti che ha accumulato nella sua vita. Gli oggetti visti dall’alto sembrano formare un’intera città, che è proprio il volto definitivo di quest’uomo…</span><br />Si. E’ un’immagine molto bella. Questo film è ricco di immagini molto belle. Credo che Orson Welles abbia continuato la grande linea di Joseph Von Sterberg. Quest’opera è uno splendido incubo del nostro tempo e specialmente dell’America del Nord. Citizen Kane fa una specie di esaltazione dell’individuo. Kane è molto solo, molto ricco. Infine, costruisce un orribile palazzo, che è il simbolo della sua vita. Qui accumula ogni sorta di oggetti, che, alla sua morte,saranno bruciati. Tutto scompare e si trova il bandolo della sua esistenza: il significato della parola Rosebud, che dà il via all’inchiesta all’inizio del film. Rosebud è il nome dello slittino appartenuto al piccolo Kane.<br /><span style="font-weight:bold;">Il film le è rimasto ben inciso nella memoria..</span><br />Sì, perché vidi il film tre o quattro volte. Ne rimasi molto colpito. E’ completamente diverso dagli altri. Assai differente dal cinema russo, per esempio. Ripeto, Welles riceve l’eredità di Von Sterberg. Prima di lui si pensava a un film più come a una storia raccontata attraverso le immagini, non si dava importanza all’immagine per se stessa.<br /><span style="font-weight:bold;">Può fare qualche esempio?</span><br />Nei film di Charlie Chaplin, che d’altra parte sono molto validi, le immagini sono piuttosto brutte, insignificanti. Non contano. E’ la storia del personaggio che prevale. Invece, nei grandi film di Joseph Von Sterberg, come quelli di gangster, Underworld (Le notti di Chicago, 1927), The Dragnet ( La retata, 1938), The docks of New York (i dannati dell’oceano,1929), per esempio, c’è una storia epica, dove le immagini sono bellissime. Mi ricordo che nei quadri di un grande poeta e pittore piuttosto modesto, Dante Gabriele Rossetti, lo sfondo appariva altrettanto chiaramente che le immagini in primo piano. Credo che Welles abbia fatto lo stesso con il piano d’insieme. Ha ottenuto lo stesso effetto della pittura dei Preraffaelliti. Forse è il primo che l’ha fatto. Questo conferisce all’immagine un aspetto.. un aspetto… c’è una parola tedesca che lo spiega bene: - Unheimlich-, che si potrebbe tradurre con “la presenza non troppo pesante di qualcosa di demoniaco, di irreale, perfino minaccioso- . Questo effetto è prodotto nel film dal primo piano, che appare molto chiaro, con delle linee molto nette e,con la stessa chiarezza, ma evidentemente più piccole, dalle cose che sono sul fondo, l’immagine del corridoio, per esempio.<br />Per Welles la morte coincide con la fine del percorso, ma è anche l’inizio…<br />E’ così, quando Kane muore, ritrova la slitta della sua infanzia. C’è un altro film, The power and the glory (Potenza e gloria,1933) con Spencer Tracy, che inizia con la morte dell’eroe. Poi ci sono le persone che parlano di lui e ricostruiscono la sua vita. Comunque, penso a una bella immagine di Eraclito, che ha detto che , in un cerchio, la fine si confonde con l’inizio. Vi ricordate? Maria Stuarda fece incidere questo concetto su un anello : -In my end my beginning -, nella fine c’è l’inizio. Ciò può avere due significati: quando morirò andrò in Paradiso o all’Inferno, oppure comincerà la mitologia, il mio ricordo fra gli altri. E’ stata una bellissima idea, quella della regina di Scozia, di farsi incidere questa frase su un anello d’oro, che portava sempre al dito. L’anello è proprio metafora di questo concetto.<br /><span style="font-weight:bold;">In un altro film di Welles, “The lady from Shanghai” ( La signora di Shanghai,1948)..</span><br />Mi piaceva di più l’altro. Trovo che in questo film ci sia troppa azione.<br />In questo film c’è una scena girata nella sala degli specchi di un Luna Park..<br />Mi sembra che attualmente l’immagine dello specchio sia essenziale per la letteratura e per l’arte. Nel labirinto c’è anche l’idea dello specchio. Vi racconto un mio incubo ricorrente, che ho la sensazione di vere ogni settimana. Sono in una stanza. Cerco di uscire, ma trovo una stanza del tutto simile alla prima, poi ce n’è un’altra, un’altra e questo continua. E’ un labirinto e nello stesso tempo uno specchio, che moltiplica le apparenze<br /><span style="font-weight:bold;">Tornando alla “Signora di Shanghai”, la protagonista, Rita Hayworth e il marito, Everett Sloane, si inseguono per uccidersi in una sala di specchi. Quando lei fa fuoco, colpisce a morte l’uomo. Tutti gli specchi si frantumano e ci si rende conto che anche lei è colpita a morte. In questo film di Welles, c’è lo specchio di una persona, talmente legata a un’altra che la morte dell’una genera la distruzione dell’altra…</span><br />E’ un’idea bellissima. Ora cambio idea su questo film. E’ splendido. Ero cieco quando lo vidi. Invece, adesso che ho questa immagini lo vedo. Ha un po’ di Dorian Gray, del Doppelganger di E.T.A Hoffmann, di William Wilson di Edgar Allan Poe, fa parte di una tradizione antica, che, credo, risalga ai Pitagorici. Ne sono molto colpito.<br />Nella sua poesia “Elogio dell’ombra” ha scritto che la vecchiaia può essere il momento più felice della vita di un uomo. E’ così anche per lei?<br />Forse. Sono stato molto infelice da giovane, o forse, ho cercato di essere molto infelice. Allora volevo essere il principe Amleto, o un personaggio di Dostoevskij o Lord Byron. Tutti conoscono molto bene Byron soprattutto per questa grande immagine di dandy che ha lasciato di sé. Il suo Don Juan è molto bello,a ma in genere lo si legge poco. Comunque, adesso, cerco, non dico la felicità, ma la serenità, la tranquillità. Insomma, ciò che non si cerca da giovani, quando si ama essere infelici, drammatici.<br /><span style="font-weight:bold;">Il cinema può fermare il tempo?</span><br />Lo può fermare nel senso che l’immagine è sempre la stessa, ma un immagine non è mai identica a se stessa, perché ogni volta che è vista, percepita, appare sempre diversa. Ogni volta che si vede un film, questo cambia, perché noi cambiamo. E’,ancora, come il fiume di Eraclito: scorre e ogni volta che scorre non è lo stesso fiume. E’ un fiume diverso, anche noi scorriamo nel tempo, anche noi siamo un fiume.<br /><span style="font-weight:bold;">Ma l’immagine che ferma la cinepresa è vera o falsa? O è solo il ricordo di un’immagine?</span><br />Questa è una domanda metafisica. Perché noi non sappiamo se il mondo sia realtà o finzione. Io vedo il cinema come tutte le altre arti ed esso muta continuamente. Il cinema è molto più nella memoria. O, piuttosto, anche la memoria è una forma di invenzione. Direi che la memoria si avvicina più alla forma della poesia. La memoria può essere poetica, la memoria è estetica. Quando sogniamo, per esempio, lavoriamo con la memoria. Essa crea non solo immagini, ma fiabe, storie, aneddoti, e persino cose che sono più terribili della realtà: l’incubo.<br />Questa intervista è stata pubblicata su <a href="http://www.panorama.it/">Panorama</a> del 08/07/1999 in occasione del centenario dello scrittore.Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-3860432138959923472008-08-27T22:50:00.004+02:002008-08-27T23:11:43.569+02:00Dans l'obscurite - Darkness<div style="text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dwIu-RZvej5NZQ-rZ-ZCsQ0bVMn0KqqXj1awR3D0yC8wplOlLO29FvgNaxprJ9LhZEXO7Gv7Pr-CVkW1vKnig' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-23693040306383945252007-11-23T17:35:00.000+01:002007-11-23T17:52:33.160+01:00Il grande Guney<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijDIFs36R2mYZQ2J7VT4LXLxOPlckPSpLzMOjc2u9_7UHlPBHXFegZdUVbUXxK3UKikVoDuAEF-xGT8Q0mFA0Tf5xM2xFBde_WPfHWLIjeTYPfvIb7POJ_GC-ahnTCbpMbib6smEO3jhzi/s1600-h/normal_13aa.JPG"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijDIFs36R2mYZQ2J7VT4LXLxOPlckPSpLzMOjc2u9_7UHlPBHXFegZdUVbUXxK3UKikVoDuAEF-xGT8Q0mFA0Tf5xM2xFBde_WPfHWLIjeTYPfvIb7POJ_GC-ahnTCbpMbib6smEO3jhzi/s400/normal_13aa.JPG" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5136079683506123378" border="0" /></a><br /><br /><br />Di <a href="http://www.blogger.com/Il%20cinema%20turco%20e%20quello%20turco-tedesco%20continuano%20a%20stupirci%20con%20opere%20mature%20e%20sincere,%20che%20ci%20fanno%20invidia%20messe%20a%20confronto%20con%20le%20nostre,%20scialbe%20e%20recitate.%20Al%20cinema%20dei%20sentimenti%20finti%20c%C3%A2%C2%80%C2%99%C3%83%C2%A8%20per%20fortuna%20qualcuno%20che%20reagisce%20mostrandoci%20sentimenti%20veri,%20al%20cinema%20degli%20effetti%20speciali%20qualcuno%20che%20reagisce%20detestando%20ogni%20effetto%20e%20prediligendo%20ancora,%20nonostante%20tutto,%20il%20personaggio-uomo%20e%20l%C3%A2%C2%80%C2%99intervento%20nella%20storia.%20E%C3%A2%C2%80%C2%99%20un%20gran%20bel%20film,%20quello%20di%20Fatih%20Akin%20%C3%A2%C2%80%C2%9CAi%20confini%20del%20paradiso%C3%A2%C2%80%C2%9D,%20che%20%C3%83%C2%A8%20possibile%20vedere%20in%20questi%20giorni%20sui%20nostri%20schermi,%20ed%20erano%20notevolissimi%20altri%20film%20turchi%20recenti.%20Non%20solo%20Pamuk,%20dunque,%20ci%20riserva%20quel%20grande%20paese%20pieno%20di%20contraddizioni,%20e%20non%20solo%20Ozpetek,%20troppo%20furbetto%20per%20il%20lettore%20o%20spettatore%20esigente.%20Ma%20non%20%C3%83%C2%A8%20di%20loro%20che%20voglio%20parlare,%20e%20neanche%20di%20Akin.%20Voglio%20approfittare%20della%20voga%20turca%20per%20ricordare%20un%20grande%20regista%20dimenticato,%20cui%20qualche%20festival,%20invece%20di%20perder%20tempo%20con%20i%20soliti%20spompati%20Wenders,%20dovrebbe%20dedicare%20una%20retrospettiva%20e%20un%20convegno.%20Nel%20risveglio%20mondiale%20del%20cinema%20negli%20anni%2060%20e%2070,%20prima%20della%20lunga%20agonia,%20anche%20la%20Turchia%20ci%20stup%C3%83%C2%AC%20con%20un%20autore%20originale%20e%20possente.%20Yilmaz%20Guney,%20dalla%20biografia%20insolita%20e%20disperata.%20Figlio%20di%20contadini%20curdi,%20operaio%20dai%20cento%20mestieri,%20scrivano%20pubblico,%20si%20pag%C3%83%C2%B2%20gli%20studi%20in%20legge%20ad%20Ankara%20e%20si%20fece%20militante%20politico%20comunista,%20finendo%20pi%C3%83%C2%B9%20volte%20in%20prigione.%20Ma%20tent%C3%83%C2%B2%20il%20cinema%20come%20attore,%20e%20divent%C3%83%C2%B2%20rapidamente%20un%20divo%20dei%20film%20d%C3%A2%C2%80%C2%99avventura%20e%20polizieschi%20prima%20di%20esordire%20come%20regista%20e,%20pi%C3%83%C2%B9%20tardi,%20come%20produttore%20delle%20proprie%20opere,%20quando%20comprese%20che%20per%20raccontare%20quel%20%20che%20voleva%20come%20voleva%20era%20necessaria%20molta%20indipendenza,%20conquistata%20abilmente%20continuando%20a%20proporre,%20accanto%20ai%20suoi,%20dei%20normali%20film%20di%20genere%20diretti%20da%20amici%20e%20colleghi.%20Nel%201970%20Umut%20%28La%20speranza%29%20si%20impose%20%20al%20Festival%20di%20Berlino%20vincendo%20l%C3%A2%C2%80%C2%99Orso%20d%C3%A2%C2%80%C2%99Oro%20e%20finendo%20su%20pi%C3%83%C2%B9%20schermi%20europei,%20ma%20nel%20%C3%A2%C2%80%C2%9971%20ci%20fu%20in%20Turchia%20un%20ennesimo%20golpe%20e%20fin%C3%83%C2%AC%20di%20nuovo%20in%20galera.%20Ne%20usc%C3%83%C2%AC%20dopo%20due%20anni%20%28dedicati%20al%20lavoro%20letterario%29e%20riprese%20a%20girare,%20ma%20in%20una%20rissa%20scoppiata%20in%20esterni%20nata%20perch%C3%83%C2%A9%20un%20giudice%20irrideva%20lui%20e%20i%20suoi%20accusandoli%20di%20essere%20dei%20comunisti%20dal%20portafoglio%20pieno,%20il%20giudice%20mor%C3%83%C2%AC%20e%20Guney%20fu%20condannato%20a%2019%20anni%20di%20carcere.%20Caso%20unico%20nella%20storia%20del%20cinema,%20Guney%20riusc%C3%83%C2%AC%20%C3%A2%C2%80%C2%93%20forte%20della%20sua%20fama%20e%20anche%20della%20sua%20conoscenza%20della%20legge-%20a%20dirigere%20film%20dal%20carcere%21%20I%20suoi%20collaboratori%20%C3%A2%C2%80%C2%93%20quando%20fecero%20i%20loro%20film%20si%20constat%C3%83%C2%B2%20che%20erano%20solo%20degli%20esecutori-discutevano%20con%20lui%20le%20lavorazioni%20in%20carcere%20e%20provavano%20con%20gli%20attori.%20Nacquero%20cos%C3%83%C2%AC%20tre%20capolavori,%20Il%20Gregge,%20Dusman,%20Yol%20%28il%20primo%20e%20il%20terzo%20distribuiti%20in%20Italia%29.%20Film%20asciutti,%20corali,%20vasti,%20appassionati%20reperti%20sulla%20Turchia%20dei%20pastori,%20dei%20poveri,%20dei%20marginali,%20influenzati%20soltanto%20dal%20grande%20cinema%20terzomondista%20teorizzato%20in%20quegli%20anni%20da%20Glauber%20Rocha%20e%20da%20altri.%20Ed%20ecco%20un%20altro%20colpo%20di%20scena%20nella%20sua%20vita:%20la%20fuga%20dal%20carcere%28che%20fu%20organizzata%20tra%20gli%20altri,%20pare,%20anche%20da%20Gian%20Maria%20Volont%C3%83%C2%A8%29.%20A%20Parigi%20Guney%20%20pot%C3%83%C2%A9%20dirigere%20un%20ultimo%20film,%20La%20rivolta,%20ambientato%20in%20un%20carcere%20minorile,%20che%20deluse%20perch%C3%83%C2%A9%20Guney,%20turco%20e%20curdo%20fino%20al%20midollo,%20aveva%20bisogno%20di%20ben%20altro%20contesto%20per%20esprimersi.%20E%20venne%20la%20morte%20per%20cancro,%20nel%201984,%20a%2047anni%20appena.%20Su%20Guney%20hanno%20scritto%20in%20Italia%20due%20benemeriti:%20Umberto%20Rossi%20ed%20Emanuela%20Martina,%20ma%20in%20anni%20lontani,%20e%20si%20vorrebbe%20ne%20scrivessero%20ancora,%20ne%20riproponessero%20le%20opere%20per%20nuove%20generazioni%20di%20spettatori%20non%20addormentati%20dalla%20corruzione%20pubblicitaria%20e%20mediatica,%20dalla%20bruttezza%20dei%20tempi%20e%20dalla%20banalit%C3%83%C2%A0%20%28o%20stupidit%C3%83%C2%A0%29%20della%20critica.">Goffredo Fofi</a><br /><br />Il cinema turco e quello turco-tedesco continuano a stupirci con opere mature e sincere, che ci fanno invidia messe a confronto con le nostre, scialbe e recitate. Al cinema dei sentimenti finti c’è per fortuna qualcuno che reagisce mostrandoci sentimenti veri, al cinema degli effetti speciali qualcuno che reagisce detestando ogni effetto e prediligendo ancora, nonostante tutto, il personaggio-uomo e l’intervento nella storia. E’ un gran bel film, quello di Fatih Akin “Ai confini del paradiso”, che è possibile vedere in questi giorni sui nostri schermi, ed erano notevolissimi altri film turchi recenti. Non solo Pamuk, dunque, ci riserva quel grande paese pieno di contraddizioni, e non solo Ozpetek, troppo furbetto per il lettore o spettatore esigente. Ma non è di loro che voglio parlare, e neanche di Akin. Voglio approfittare della voga turca per ricordare un grande regista dimenticato, cui qualche festival, invece di perder tempo con i soliti spompati Wenders, dovrebbe dedicare una retrospettiva e un convegno. Nel risveglio mondiale del cinema negli anni 60 e 70, prima della lunga agonia, anche la Turchia ci stupì con un autore originale e possente. <a href="http://www.hetawikurdistan.it/Yilmaz%20Guney.pdf">Yilmaz Guney,</a> dalla biografia insolita e disperata. Figlio di contadini curdi, operaio dai cento mestieri, scrivano pubblico, si pagò gli studi in legge ad Ankara e si fece militante politico comunista, finendo più volte in prigione. Ma tentò il cinema come attore, e diventò rapidamente un divo dei film d’avventura e polizieschi prima di esordire come regista e, più tardi, come produttore delle proprie opere, quando comprese che per raccontare quel<span style=""> </span>che voleva come voleva era necessaria molta indipendenza, conquistata abilmente continuando a proporre, accanto ai suoi, dei normali film di genere diretti da amici e colleghi. Nel 1970 Umut (La speranza) si impose<span style=""> </span>al Festival di Berlino vincendo l’Orso d’Oro e finendo su più schermi europei, ma nel ’71 ci fu in Turchia un ennesimo golpe e finì di nuovo in galera. Ne uscì dopo due anni (dedicati al lavoro letterario)e riprese a girare, ma in una rissa scoppiata in esterni nata perché un giudice irrideva lui e i suoi accusandoli di essere dei comunisti dal portafoglio pieno, il giudice morì e Guney fu condannato a 19 anni di carcere. Caso unico nella storia del cinema, Guney riuscì – forte della sua fama e anche della sua conoscenza della legge- a dirigere film dal carcere! I suoi collaboratori – quando fecero i loro film si constatò che erano solo degli esecutori-discutevano con lui le lavorazioni in carcere e provavano con gli attori. Nacquero così tre capolavori, <a href="http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=11099">Il Gregge</a>, Dusman,<a href="http://it.movies.yahoo.com/y/yol/index-115665.html"> Yol</a> (il primo e il terzo distribuiti in Italia). Film asciutti, corali, vasti, appassionati reperti sulla Turchia dei pastori, dei poveri, dei marginali, influenzati soltanto dal grande cinema terzomondista teorizzato in quegli anni da Glauber Rocha e da altri. Ed ecco un altro colpo di scena nella sua vita: la fuga dal carcere(che fu organizzata tra gli altri, pare, anche da Gian Maria Volontè). A Parigi <a href="http://www.hetawikurdistan.it/Yilmaz%20Guney.pdf">Guney</a> <span style=""> </span>poté dirigere un ultimo film, <a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=23327">La rivolta</a>, ambientato in un carcere minorile, che deluse perché Guney, turco e curdo fino al midollo, aveva bisogno di ben altro contesto per esprimersi. E venne la morte per cancro, nel 1984, a 47anni appena. Su Guney hanno scritto in Italia due benemeriti: Umberto Rossi ed Emanuela Martina, ma in anni lontani, e si vorrebbe ne scrivessero ancora, ne riproponessero le opere per nuove generazioni di spettatori non addormentati dalla corruzione pubblicitaria e mediatica, dalla bruttezza dei tempi e dalla banalità (o stupidità) della critica.<br />L'autore di questo articolo è <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo_Fofi">Goffredo Fofi</a> ed è stato pubblicato su <a href="http://www.film.tv.it/">Filmtv n.47 .</a><br /><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo_Fofi"></a>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-69429475810249163682007-11-23T11:44:00.001+01:002007-11-23T11:44:35.480+01:00The Edge of Heaven (Yasamin kiyisinda)<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/k70BMYr1j58' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/k70BMYr1j58'/></object></p><p>il trailer di "ai confini del paradiso" di fatih akin</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-88773681776009334982007-11-22T19:37:00.000+01:002007-11-22T19:44:29.657+01:00Ai confini del paradiso<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiS-EeonJ5TOS2nB-VwiyK4yKf3Z_QIQLDjCrH245rXbwnmQFoFLn7p17-rsBu0HiSQ3D-h0NnJg8Fth9p-BJKoiS_Cn08cMF_3X9YX9NS6SWStqKjnRWorRLz5M5n0fvOHtG5FLVcGqdZE/s1600-h/gallery48506.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiS-EeonJ5TOS2nB-VwiyK4yKf3Z_QIQLDjCrH245rXbwnmQFoFLn7p17-rsBu0HiSQ3D-h0NnJg8Fth9p-BJKoiS_Cn08cMF_3X9YX9NS6SWStqKjnRWorRLz5M5n0fvOHtG5FLVcGqdZE/s400/gallery48506.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5135736738957472322" border="0" /></a><br />Titolo: <a href="http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=preview&id=6359">Ai confini del paradiso</a><br />Regia:<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fatih_Akin">Fatih Akin</a><br />Produzione:Germania/Turchia 2007<br />Durata: 122'<br /><p style="font-family: arial;" class="MsoNormal"><span style="">Nonostante la contrarietà del <span style="background: yellow none repeat scroll 0% 50%; -moz-background-clip: -moz-initial; -moz-background-origin: -moz-initial; -moz-background-inline-policy: -moz-initial;color:black;" ><span name="petesearch_highlightelement" style="font-size:inherit;"></span></span>figlio Nejat, Ali, un anziano turco che vive a Brema, decide di vivere con Yeter, una prostituta anch'essa turca che fa il mestiere per aiutare negli studi la figlia Ayten che vive a Istanbul. Ali causa accidentalmente la morte di Yeter e Nejat, che le si era affezionato, lascia il suo lavoro di docente e si reca in Turchia per cercare Ayten. La quale invece, ricercata perché appartenente a un gruppo antigovernativo accusato di terrorismo, ha raggiunto la Germania. Qui trova la solidarietà e l'amore di una studentessa, Lotte, la quale la segue nel suo ritorno da prigioniera in patria dandosi da fare per liberarla.<o:p></o:p></span></p> <p style="font-family: arial;" class="MsoNormal"><span style="">Il secondo film di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fatih_Akin">Fatih Akin </a>(dopo La sposa turca, Orso d’oro a Berlino 2004) è un melodramma familiare che richiama alla mente i film di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Rainer_Werner_Fassbinder">Fassbinder</a>. <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fatih_Akin">Fatih Akin,</a> regista tedesco figlio di immigrati turchi, affronta il difficile tema della multiculturalità,dell’identità e del confronto/scontro fra la prima generazione, arrivata in Germania dalla Turchia, e la seconda,nata in terra “straniera” ma della quale ormai fa parte. I personaggi, tre genitori e tre figli, si spostano in continuazione, in una struttura narrativa circolare e a flashback , ma non si incontrano, si sfiorano senza saperlo:in auto, su un treno,in aula,nei foglietti appesi in una bacheca. Sta a noi spettatori ricomporre il puzzle e mettere in contatto i personaggi, i loro sentimenti, il loro sogni … il risultato è un bel melodramma diretto con solidità da Akin e giustamente premiato per la migliore sceneggiatura a Cannes 2007.<o:p></o:p></span></p>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-18655080773214218682007-11-20T08:10:00.000+01:002007-11-20T08:25:10.891+01:00Silenzi eloquenti<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijAXzeaOOPcUwpRD4nPCQGlhLkubOv9aX7M3jOLOGFrIqDBXNH0Fo1mqHmFmiToLyF9fik8gCPBXxYQLt-FUfLNRdTSudWwfK4HdH_FgwCzeqbJJ9wmEM4MiRBcOHHhBGUv62yEbNiKrcL/s1600-h/Aris.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijAXzeaOOPcUwpRD4nPCQGlhLkubOv9aX7M3jOLOGFrIqDBXNH0Fo1mqHmFmiToLyF9fik8gCPBXxYQLt-FUfLNRdTSudWwfK4HdH_FgwCzeqbJJ9wmEM4MiRBcOHHhBGUv62yEbNiKrcL/s400/Aris.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5134819256633635378" border="0" /></a><br />Titolo: <a href="http://www.exibart.com/notizia.asp/IDCategoria/72/IDNotizia/6597">Silenzi eloquenti<br /></a><br />Autore: Carlos Martì Aris<br /><br />Editore:<a href="http://www.marinotti.com/index.asp">Christian Marinotti Edizioni<br /></a><br /><p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><b><i><span style="">Silenzi eloquenti</span></i></b><span style=""><br /><i><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jorge_Luis_Borges">Borges</a>, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ludwig_Mies_van_der_Rohe">Mies van der Rohe</a>, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Yasujiro_Ozu">Ozu</a>, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Mark_Rothko">Rothko</a>, <a href="http://es.wikipedia.org/wiki/Jorge_Oteiza">Oteiza</a>.</i><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style=""> <o:p></o:p>Mentre l’irrequieto Ventesimo secolo è da poco terminato, cresce l’importanza di un gruppo ristretto di opere e di artisti, radicati proprio in questo ultimo secolo, che hanno coltivato la poetica del silenzio e che sono stati capaci di interpretare, per mezzo di questa, la caotica e ambigua realtà della nostra epoca. Queste pagine sono destinate a decifrare alcune interpretazioni di questa poetica del silenzio.<br />Carlos Martí tesse il suo discorso attraverso l’analisi comparata delle opere di uno scrittore, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jorge_Luis_Borges">Borges,</a> di un architetto, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ludwig_Mies_van_der_Rohe">Mies van der Rohe,</a> di un regista, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Yasujiro_Ozu">Ozu</a>, di un pittore, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Mark_Rothko">Rothko</a>, e di uno scultore, <a href="http://es.wikipedia.org/wiki/Jorge_Oteiza">Oteiza</a>, arricchendo la sua trama con il sostegno e il confronto delle parole di filosofi, musicisti e poeti.L’associazione di questi cinque nomi rappresenta una precisa scelta dell’autore tesa ad indicare la presenza di alcuni poli di attrazione o linee di forza che attraversano l’arte del Ventesimo secolo, mettendo in evidenza quanto discipline tanto diverse tra loro come la letteratura, l’architettura, il cinema, la pittura e la scultura abbiano la stessa radice in un carattere specifico della conoscenza umana. Inoltre, al di là delle pur importanti differenze geografiche e culturali che li distinguono, c’è uno specifico tratto comune nell’opera di questi cinque maestri: il loro rifiuto dell’arte intesa come aggressione isterica al significato promossa dalla pseudo-cultura critica e mediatica, e l’affermazione dell’arte come contemplazione, introspezione destinata a svelare il mistero del mondo.<br />Questo saggio e il suo tema - il silenzio nelle sue molte possibili accezioni - risultano quindi essere non solo un espediente per scandagliare alcune questioni teoriche della composizione artistica e per evidenziare il ruolo delle discipline artistiche nella nostra rumorosa società, ma si presentano anche come precisa proposta di metodo storico-analitico, sintetizzabile con le parole del pittore spagnolo, Ramon Gaya, quando dice: “Ove ci rendiamo conto della naturalità e della verità dell’arte, in quello stesso momento, noi ci rendiamo conto dell’artificialità e della menzogna della critica d’arte”.<br /><br /><b>Carlos Martí Arís</b> (Barcellona, 1948) è architetto e professore ordinario al Dipartimento di Progettazione Architettonica dell’Università Politecnica della Catalogna. E’ stato membro fondatore e vicedirettore della rivista <i>2c Construcciòn de la Ciudad</i> durante tutto il suo itinerario (1972-1985).<br />Ha inoltre sviluppato un’ampia riflessione teorica attraverso numerosi articoli e conferenze ed è autore di vari libri. Attualmente è Direttore della collana <i>Arquithesis</i>, pubblicata dalla Fundaciòn Caja de Arquitectos.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-13975091841063979572007-11-09T20:12:00.000+01:002007-11-09T20:21:45.587+01:00Le fils<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwE4-UBWp1279KrambQTUmrtMmcoOOmH5jbbvZTe6Cx8PYh-_d4muKz_PXOGZzebiSDC_eopCyXdZ7G_1iS-xX_Pr8gpp7C6x_Jipcd5t19PXZ92zzRBFtFyXoR25tjxgC2CIr-Yhq4tYX/s1600-h/ilfiglio.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwE4-UBWp1279KrambQTUmrtMmcoOOmH5jbbvZTe6Cx8PYh-_d4muKz_PXOGZzebiSDC_eopCyXdZ7G_1iS-xX_Pr8gpp7C6x_Jipcd5t19PXZ92zzRBFtFyXoR25tjxgC2CIr-Yhq4tYX/s400/ilfiglio.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5130922234985853938" border="0" /></a><br /><br /><span style="font-family:arial;">Titolo: </span><a style="font-family: arial;" href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=22697">Il figlio</a><br /><span style="font-family:arial;">Regia: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Luc_Dardenne">Luc</a> e <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Dardenne">Jean-pierre Dardenne</a></span><br /><span style="font-family:arial;">Produzione: Belgio 2002</span><br /><span style="font-family:arial;">Durata: 103'<br /></span> <p class="MsoNormal"><span style="line-height: 115%;font-family:";font-size:12;" >Olivier lavora come falegname in un centro di recupero per ragazzi disadattati, un giorno gli viene assegnato come apprendista Francis. Egli lo accoglie con molta inquietudine, continua a seguirlo, lo scruta continuamente. Un terribile segreto lega questi due personaggi che sembrano così distanti..<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span style="line-height: 115%;font-family:";font-size:12;" >Il Figlio di Luc e Jean-pierre <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Dardenne">Dardenne</a> è costruito su una doppia mancanza:quella di un padre senza il figlio e quella di un figlio senza il padre, quest’ultimo responsabile della morte del figlio del protagonista. La tensione all’interno del film, quasi intollerabile in certi momenti, è generata dal dubbio del “padre”: vendicarsi del ragazzo o perdonarlo. Quando Olivier interpretato da <a href="http://www.film.it/cinema/schedapersonaggio.php?id=50820">Olivier Gourmet</a> (premiato a Cannes per la migliore interpretazione) si sposta dalla falegnameria per inseguire il ragazzo il dubbio ci assale, cosa farà adesso? Cosa faremo al suo posto? Fondamentale da questo punto di vista le scelte registiche dei Dardenne: la macchina da presa è sempre attaccata al protagonista (quasi sempre di spalle all’altezza della nuca) lo incalza e lo segue come se lo spettatore dovesse sentire, più che vedere, il mondo come lo sente lui. Inoltre Olivier e il ragazzo non sono mai inquadrati nello stesso piano, i Dardenne sono abili a non farlo notare, ma dopo un attenta visione, ci si accorge che i protagonisti non condividono mai lo stesso fotogramma, anche nei piani-sequenza la macchina da presa ruota dall’uno all’altro tenendoli separati. Un cinema fatto di piccoli gesti, silenzi e sguardi. Alla fine “il padre” si farà carico delle responsabilità verso questo “figlio” e a noi rimane un ultima inquadratura (l’unica dove sono insieme) dove padre e figlio si scambiano degli sguardi mentre lavorano insieme.<o:p></o:p></span></p><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirojmM7FQwwH86eFgD02ciu0r_iR4-9HjYI8zEO3yzIZJly8ye2uhuxs6WgBQJjmggS1COkDKsuK8nKeSLnnGnaZI271YMamFKnBkf8SvHlJ2DPX84tGotsMA1RvXELoB2UiT9C3sA2TiG/s1600-h/2002_figlio.jpg"><br /></a>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-92094207562806064692007-10-23T14:34:00.001+02:002007-10-23T14:34:38.907+02:00Le Samourai<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/7lFoTyuBEb8' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/7lFoTyuBEb8'/></object></p><p>il trailer di "le samourai" di jean-pierre melville.</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-35871152990464365172007-10-22T21:29:00.000+02:002007-10-22T21:54:40.788+02:00Le samourai<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyk5_FZa4rp7O0K7nV8BB1CQ4Y-VIsvP0LgoDcg-SPtdM7e1NyowXshtvAggsg5fuupi17M6hde_09CcW-gT5XIbbpJjGndtzMc8nRduytCNQ5AAn-D0489wgXl0CL7v8jN9zTCxkn3UAQ/s1600-h/1015061492_351e84763e.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyk5_FZa4rp7O0K7nV8BB1CQ4Y-VIsvP0LgoDcg-SPtdM7e1NyowXshtvAggsg5fuupi17M6hde_09CcW-gT5XIbbpJjGndtzMc8nRduytCNQ5AAn-D0489wgXl0CL7v8jN9zTCxkn3UAQ/s400/1015061492_351e84763e.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5124250329292407746" border="0" /></a>Titolo: <a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=12555">Frank Costello faccia d'angelo</a><br />Regia: <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Melville">Jean-Pierre Melville</a><br />Produzione: Francia 1967<br />Durata:107'<br /><br />Jeff Costello è un killer solitario. Verso sera, và in un night –club e uccide il proprietario. Valerie , la pianista lo vede. Lui ha un alibi di ferro: metà serata l’ha passata con la sua amante, Jeanne,prostituta d’alto bordo,l’altra metà giocando a poker. Il commissario che segue le indagini non gli crede. I mandanti dell’omicidio, viste le complicazioni, tentano di eliminare Jeff, che però si salva. Il commissario invece vorrebbe costringere Jeanne a confessare il falso alibi. Per il killer un nuovo contratto: prima però uccide il mandante. Il suo bersaglio designato è Valerie,testimone scomoda. Lui l’avvicina nel club e la polizia gli spara. La sua pistola era scarica.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7xWIRnaGCICRBBbshsz8jQrmNysK0xiqtYchlJQ71us5c7LUvcIcpHinGzJ_JXtKPEaIg91eFU48VWS9yNyFGayrh0O52R54wKDQ0cncJYNvHgnhpviwDytQEWZWSp5zfU2lGZB7Yms-z/s1600-h/samourai.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7xWIRnaGCICRBBbshsz8jQrmNysK0xiqtYchlJQ71us5c7LUvcIcpHinGzJ_JXtKPEaIg91eFU48VWS9yNyFGayrh0O52R54wKDQ0cncJYNvHgnhpviwDytQEWZWSp5zfU2lGZB7Yms-z/s400/samourai.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5124249633507705778" border="0" /></a>“Non vi è solitudine più profonda di quella del samurai,se non quella di una tigre nella giungla.. forse..” è la didascalia che apre il film e che contiene in se tutti gli elementi cari a Melville e che contraddistinguono il suo cinema. Il cinema per<a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Melville"> Melville</a> era mistificazione e in questo caso lo evidenzia subito mostrandoci una finta citazione dal Bushido che ci permette però di conoscere qual è il “credo” del suo autore e di conseguenza del suo “samurai”. Il suo è un cinema che non obbedisce a regole di psicologia a buon mercato,è un cinema di comportamenti che pedina il suo protagonista scavando nella ritualità delle sue azioni .<br />Di questo film mi ritornano in mente due scene in particolare: la sequenza d’apertura, dove si vede Jeff <span style=""> </span>che fuma sdraiato sul suo letto e con alla destra la gabbia del suo uccellino, e dove è già possibile notare , vista l’essenzialità degli oggetti e la loro disposizione, l’eccessiva maniacalità del personaggio. La seconda scena è quella in cui ruba un automobile<span style=""> </span>e prova la chiave d’accensione rimanendo glaciale al passaggio delle altre auto. Molto bravo in tal senso <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Alain_Delon">Alain Delon</a> che è riuscito ad eliminare ogni traccia d’emozione sul suo volto. Questo film è il punto di svolta della carriera di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Melville">Melville,</a> il suo<span style=""> </span>più rigoroso e stilisticamente “rarefatto”; in quella che potrebbe sembrare una classica storia poliziesca è riuscito, evitando ogni concessione alla spettacolarità dell’azione, a realizzare una parabola sulla solitudine umana.Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-9339450786296952972007-10-17T17:46:00.000+02:002007-10-18T08:26:10.097+02:00Jean-Pierre Melville:Il duro del polar<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji66BSy8_z972jN3W8RrDhTi5oh8drTuvyy_znDal6IoJRYZFgrv3BHk7m9kyZHAxorAh3Oqu0cU7P3jz9MBmjNrsMKs9jiQTPWMRGZ3bqV3cLtqKq8iB1GRKoo_nkvw-blFiws3atIO0v/s1600-h/melville1.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji66BSy8_z972jN3W8RrDhTi5oh8drTuvyy_znDal6IoJRYZFgrv3BHk7m9kyZHAxorAh3Oqu0cU7P3jz9MBmjNrsMKs9jiQTPWMRGZ3bqV3cLtqKq8iB1GRKoo_nkvw-blFiws3atIO0v/s400/melville1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5122558657638630242" border="0" /></a>Il 2 agosto 1973, dopo una carriera fulminante, ad appena cinquantacinque anni, se ne va uno dei più grandi cineasti francesi. <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Melville">Jean-Pierre Grumbach </a>diventa Melville durante la guerra, in onore del suo scrittore preferito. Si porta dentro la passione per il cinema sin da piccolo, convinto che quello dello spettatore sia il mestiere più bello del mondo. Ma guardare non gli basta, cosi passa dietro la macchina da presa dirigendo la trasposizione di un libro di culto nell’immediato dopoguerra, “ Il silenzio del mare”. Il suo stile è insolito, antiretorico, quando una storia come quella, votata al pacifismo, creava aspettative di enfasi “politicamente corretta”. Qualche lavoro di routine salutato dai “Cahiers” con un certo fervore e finalmente, nel 1955, il primo polar, “Bob il giocatore”. Dialoghi da “scuola dei duri” di Auguste le Breton che il regista non ama, però ha bisogno di un nome “grosso” da sbattere sulla locandina. Il trucco riesce e il film incassa.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiuw0uPSl0zboctDZyGFXbIGCMdmDhjJtaENlit_Njtvc7MwzXDqJzWOrMQoibI7TzJxZZtLxzn-Q6-K9SAOHxuwuyW_ruKNhbC9NtqWPA04r6mu02fhYxXcpPGYfK2D287dl0Nh3GZk5M/s1600-h/melville2.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiuw0uPSl0zboctDZyGFXbIGCMdmDhjJtaENlit_Njtvc7MwzXDqJzWOrMQoibI7TzJxZZtLxzn-Q6-K9SAOHxuwuyW_ruKNhbC9NtqWPA04r6mu02fhYxXcpPGYfK2D287dl0Nh3GZk5M/s400/melville2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5122558782192681842" border="0" /></a> Si delinea il Melville Touch: storie realistiche ma non reali, stile bressoniano (“E’ il contrario! E’ lui che melvilizza!” dirà Jean-Pierre, un caratteraccio..) che vuole dire messa in scena non solo trasparente ma “trascendente”, il cui significato va dunque al di là dell’evidenza. E un film di pura “messa in scena” è “Lo spione” (1962) con Jean –Paul Belmondo e Serge Reggiani, il primo gangster in odor di doppio gioco e il secondo malavitoso tutto d’un pezzo. Alla base una storia di amicizia sincera, per onorare la quale il personaggio di Belmondo ( lo spione del titolo) manipola la realtà in una direzione precisa, quella che porta all’illusione, alla finzione, al cinema insomma. E’ il primo personaggio –regista dell’opera di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Melville">Melville,</a> per il quale la settima arte è soprattutto un grande inganno. In termini metafisici: non è con noi spettatori che gioca a rimpiattino ma con gli elementi narrativi, I “deus ex machina”delle storie. La Morte, per esempio, che arriva a prendersi la sua rivincita. Oppure il Destino, che nei noir è per definizione cinico e baro, ma imprevedibile (per esempio a Bob il giocatore non solo salva la vita ma lo rende ricco). Più melvilizza e più Jean-Pierre diventa sublime. “<a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=27911">Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide!”</a> (1966), con Lino Ventura e Paul Meurisse, è un opera di clamorosa bellezza, dove si delineano i ruoli non in funzione sociale (sbirri di qua, gangster di là)bensì etica (tigri da una parte – Gu, Manouche, Blot, Orloff – sciacalli dall’altra – Manuel, Jo Ricci, Fardiano – non importa chi indossa il distintivo). E’ un apice poetico in attesa di toccare le vette linguistiche di “<a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=12555">Frank Costello, faccia d’angelo”</a> (1967, in originale “Le samurai”: Melville definisce “farabutti” i titolisti italiani). Un film in bianco e nero nonostante il colore, la stilizzazione che passa attraverso il rigore della macchina da presa, la rarefazione dei corpi, la laconicità dei dialoghi. Di fatto la storia di un “seppuku”, il suicidio rituale dei samurai, ad opera di un killer che sfida la solita Morte (che fa la cantante in un night) e il solito Destino (che invece è un commissario di polizia). Alain Delon, splendido guerriero, è quasi un fantasma. La critica, dopo gli elogi dell’esordio, pian piano abbandona il regista. Non ne capisce lo spessore, neppure i “Cahiers”, che si perdono in discussioni inutili circa “l’irrealismo” dei suoi film. Nessuno si accorge che <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Melville">Melville</a> è solo Melville: un mondo a parte, uno stile che non si accoda a nessuna tendenza e non si crogiola nella nostalgia cinefila di un tempo che fu. E’ un cinema che sta “al di sopra”. Ma “Le samurai” è veramente troppo avanti, e neppure il divo Delon assicura il successo commerciale. Il film successivo, “<a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=590">L’armata degli eroi</a>” (1969) ha come sfondo gli ambienti della Resistenza gollista, a Marsiglia, dove anche Melville operò in tempo di guerra. Cenni autobiografici, dunque, e un omaggio al Generale che fece un po’ storcere il naso. Ma il ritmo e la struttura sono sempre da noir d’alta classe, inoltre tra i personaggi maschili spicca una partigiana, Simone Signoret, difficile da dimenticare. Si torna al polar nel 1970, con <a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=9503">“I senza nome”</a>. Cast di prima grandezza: Delon, Bourvl nella sua ultima interpretazione, Yves Montand in una performance da brivido e Gian Maria Volonté. Melville aveva apprezzato l’attore italiano in “Banditi a Milano” di Carlo Lizzani ma il loro rapporto sul set fu travagliato. In ogni caso il film ha momenti decisamente alti (lo studio dei tempi della rapina, la redenzione del personaggio di Montand) in mezzo ad altri decisamente di routine. Il successo di pubblico finalmente arriva: la gente comincia ad apprezzare il marchio di fabbrica di Melville e affolla le sale che proiettano “I senza nome”. Il polar successivo, sempre con Delon,”Notte sulla città”(1972), denuncia qualche segno di stanchezza, è meno entusiasmante nonostante lo stile, più stereotipato. E’ l’ultimo film di un regista veramente anomalo, imparagonabile, molto francese anche nel trattare, sullo schermo, un immaginario desunto dal cinema americano classico. I suoi polizieschi, comunque, non assomigliano a nulla di quello che è stato fatto prima e dopo. Per questo<span style=""> </span>vanno visti, rivisti, ricordati.<br />L'autore di questo articolo è <span style="color: rgb(255, 0, 0);">Mauro Gervasini</span> ed è stato pubblicato su <a href="http://www.film.tv.it/">Filmtv.</a><br /><span style="line-height: 115%;font-family:courier new;font-size:11;" ></span>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-7911719694888113072007-10-10T21:09:00.001+02:002007-10-10T21:09:57.473+02:00touchez pas au grisbì<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/_cITQi9yDAM' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/_cITQi9yDAM'/></object></p><p>Il trailer originale di grisbì di jacques becker del 1954</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-43120567789524848352007-10-10T20:16:00.000+02:002007-10-10T21:07:39.289+02:00Touchez pas au grisbìTitolo: <a href="http://www.film.tv.it/scheda.php?film=3290">Grisbì</a><br />Regia: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jacques_Becker">Jacques Becker</a><br />Produzione: Francia 1954<br />Durata:94'<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHgtUO9zW-vr7TGL4hpgWO4MZPyqolz73o6n_Jeiqp8A8RJtmNR-FGDeck0dfX4knp3vxDAmNskzcK0WtHMB9QvOAEyPu3Zbuq_OIwaSNi1HMfN3ZzSMz7zhmatWnS3OxUxyUDNW6hNMX-/s1600-h/Grisbicapture03.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHgtUO9zW-vr7TGL4hpgWO4MZPyqolz73o6n_Jeiqp8A8RJtmNR-FGDeck0dfX4knp3vxDAmNskzcK0WtHMB9QvOAEyPu3Zbuq_OIwaSNi1HMfN3ZzSMz7zhmatWnS3OxUxyUDNW6hNMX-/s400/Grisbicapture03.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5119776244680295122" border="0" /></a>I giornali informano di una rapina spettacolare a Orly. Otto lingotti d’oro sono stati rubati, nessuna notizia dei rapinatori. Il bandito di Pigalle Max spera che questo sia l’ultimo colpo della sua vita. Vorrebbe ritirarsi in campagna a godersi il grisbì, ma ha fatto i conti senza l’amico e complice Riton, che per farsi bello agli occhi dell’ amichetta Josy le racconta tutto. Lei, a sua volta, riferisce del grisbì al truand emergente Angelo, che cerca di far cadere in trappola Max e Riton. Non riuscendo ad eliminare il primo rapisce il secondo e chiede i lingotti come riscatto. Max non si da per vinto e si presenta all’appuntamento con la gang di Angelo insieme a Pierrot, altro “anziano” della mala parigina, e al giovane Marco. Lo scontro a fuoco fra le due bande è inevitabile.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSk1t_pbcNH1IwijhCrOQBJ3DFFrVTTi7czQ145OBu63qYiMZ0qjodKUzwbTsW6rk-IcAxGhKi2WxghYEqIdhUmAOcX80bcOr2zN2sA0DQhE36d_yaen1GBdfJm9CCYKS_nnsPjQVULTiP/s1600-h/Grisbicapture05.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSk1t_pbcNH1IwijhCrOQBJ3DFFrVTTi7czQ145OBu63qYiMZ0qjodKUzwbTsW6rk-IcAxGhKi2WxghYEqIdhUmAOcX80bcOr2zN2sA0DQhE36d_yaen1GBdfJm9CCYKS_nnsPjQVULTiP/s400/Grisbicapture05.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5119785556169392866" border="0" /></a>Partendo dal romanzo “Touchez pas au grisbì!” di Albert Simonin, il più grande successo editoriale della famosa serie “noir”, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jacques_Becker">Jacques Becker</a><span style=""> </span>realizza questo film esemplare. Inizialmente poco entusiasta del progetto, Becker<span style=""> </span>facendosi tentare dalle potenzialità del romanzo si butta a capofitto nell’impresa. Per il ruolo di Max<span style=""> </span>viene scelto<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Gabin"> Jean Gabin</a>: il protagonista del romanzo sembra scritto su misura per lui. Becker rispetta letteralmente i principali elementi che caratterizzano i film noir e di gangster. Il bianco e nero “secco”, le atmosfere notturne, le sparatorie e gli scontri fra la “vecchia generazione”, rispettosa delle regole d’onore che governano il loro mondo, e la nuova generazione, ansiosa di emergere e che non si mette alcuno scrupolo. Al di là di questo, al regista, l’epica romantica della malavita descritta da Simonin, non interessa molto; ciò che gli preme realmente è mettere a nudo l’interiorità di questi personaggi e per farlo agisce per sottrazione, studiando attentamente ogni inquadratura e scegliendo sempre quelle in cui l’azione svolta è più convincente eliminando tutte le opzioni “superflue”. Il risultato di questa operazione di selezione si può ammirare da come è tratteggiato il personaggio di Max, un gangster della malavita parigina che, stanco della vita del criminale, aspira a ritirarsi in campagna per invecchiare in pace. Infine non posso fare a meno di elogiare l’interpretazione di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Gabin">Jean Gabin</a>,capace di tratteggiare, con gesti misurati lo spessore del suo personaggio, a tal proposito mi ritorna in mente la scena in cui Max, si mette gli occhiali per leggere… anche gli eroi invecchiano.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk3SgD31IIPAlaQQkjvohTdKau1j00owPeovrt81tH8svmWUFqoCApEofdFl3wD_3baYr9begCmH3JSOYcfY0vhWyrqpN62kL6_6-srH21OtXGlreDqPfd85jZ0xvyv8bbRwNDS_JB_lja/s1600-h/0304_gervasini_1.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk3SgD31IIPAlaQQkjvohTdKau1j00owPeovrt81tH8svmWUFqoCApEofdFl3wD_3baYr9begCmH3JSOYcfY0vhWyrqpN62kL6_6-srH21OtXGlreDqPfd85jZ0xvyv8bbRwNDS_JB_lja/s400/0304_gervasini_1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5119786015730893570" border="0" /></a><br />Da leggere sull'argomento raccomando la lettura dello splendido libro di<br />Mauro Gervasini <a href="http://www.drammaturgia.it/recensioni/recensione2.php?id=1904">"Cinema poliziesco francese"</a>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-88179691219871234402007-10-07T13:30:00.001+02:002007-10-07T13:30:55.274+02:00Sonatine - il trailer originale<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/sYQD4e7GibE' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/sYQD4e7GibE'/></object></p><p>il trailer originale di Sonatine</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-15967711080374372782007-10-07T12:49:00.000+02:002007-10-07T14:18:56.404+02:00SonatineTitolo: <a href="http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film&id=76">Sonatine</a><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhY407IjxuhWakrPnu6prPAH8spW4YdulWPnTqr5cSJnfGIoAVL2JUKBcflbYCwu0CJbNwAVLMsDoGBkgok69WU-7bMlH_GU2RhTEDW4pt8WSpKhIldu4RrtLBaxs2CStLbBGqtU8kW7NZD/s1600-h/sonatineeeea.JPG"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhY407IjxuhWakrPnu6prPAH8spW4YdulWPnTqr5cSJnfGIoAVL2JUKBcflbYCwu0CJbNwAVLMsDoGBkgok69WU-7bMlH_GU2RhTEDW4pt8WSpKhIldu4RrtLBaxs2CStLbBGqtU8kW7NZD/s400/sonatineeeea.JPG" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5118554889125298882" border="0" /></a><br />Regia:<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Takeshi_Kitano">Takeshi Kitano</a><br />Produzione: Giappone 1993<br />Sceneggiatura: <a href="http://www.kinematrix.net/script/sonatine/sonatine_sceneggiatura.htm">Takeshi Kitano</a><br />Musiche:Joe Hisaishi<br />Montaggio:Takeshi Kitano<br />Fotografia:Katsumi Yanagishima<br />Durata:94 min.<br /><br /><p class="MsoNormal">Dopo una vita piena di rischi e giunto ad avere un ruolo di primo piano all’interno del suo clan, Murakawa (Kitano) non ha più interesse per la vita da yakuza. Tuttavia il suo capo, Kitajima, lo costringe a partire per regolare un conflitto fra due bande rivali nell’isola di Okinawa, nella zona meridionale del Giappone. Poco convinto della necessità di questo viaggio, Murakawa parte comunque, accompagnato da un paio di fedelissimi. Non appena giunto sul posto Murakawa<span style=""> </span>si rende conto che è stato un tragico errore accettare l’incarico, in realtà la missione è una trappola per eliminarlo. A questo punto Murakawa e il resto dei sopravvissuti trovano rifugio in una casa lungo una spiaggia desolata. Lì, sotto un cielo blu cobalto e un sole cocente, mentre Murakawa e i suoi uomini giocano innocentemente<span style=""> </span>sulla sabbia bianca e il tempo sembra essersi fermato, accade qualcosa …</p><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEl2Rdvdo4owsgRcPvkWWarDHeTY7VwHnnMZmp00j6FefV8mJ4BkrJqoaJI2Lj_uTs3XTjgcHqdwLeRdTy7AHvWbVFA1k25SdkgSv0yD8vwBSsqvCR3ex1h9ba0dltULl9lwc7lFrgL5IL/s1600-h/sonatine+%286%29.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEl2Rdvdo4owsgRcPvkWWarDHeTY7VwHnnMZmp00j6FefV8mJ4BkrJqoaJI2Lj_uTs3XTjgcHqdwLeRdTy7AHvWbVFA1k25SdkgSv0yD8vwBSsqvCR3ex1h9ba0dltULl9lwc7lFrgL5IL/s400/sonatine+%286%29.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5118550061582058146" border="0" /></a><p class="MsoNormal">Presentato al Festival di Cannes (Un Certain Regard) nel 1993 e vincitore al Festival di Taormina nello stesso anno, Sonatine è il film che rivelò al resto del mondo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Takeshi_Kitano">Takeshi Kitano</a>, attore, regista e sceneggiatore giapponese nonché presentatore e comico celeberrimo nel suo paese. Il film inizia in modo violento, rispettando i canoni del genere noir (la missione, il tradimento, le sparatorie) ma, a mezz’ora dall’inizio Kitano , violando ogni convenzione da film di genere,rallenta il ritmo e la tensione si distende: il clan, ormai decimato dagli attacchi, si rifugia in spiaggia e Murakawa<span style=""> </span>per ingannare l’attesa,coinvolge i suoi uomini in una serie di giochi demenziali. Battaglie con i fuochi d’artificio, roulette russe, <a href="http://it.youtube.com/watch?v=L2SI1q0wV50">parodie della lotta sumo</a> (una scena indimenticabile). Il gioco è il modo in cui Kitano spiazza i suoi personaggi,smuovendoli dall’apatica attesa dell’inevitabile confronto finale; il sorriso di Murakawa e dei suoi uomini è quello di chi ha capito di essere una marionetta nelle mani del destino e si rassegna ad aspettare la morte.</p><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhioxQSfVmXz-Tmi4qF_sXHQd4D1tbO7rd09Ccgo9u4M9bGp3_XOZwKFYzeYLQwi9qWwGMIFtxzpHWBN1bxLzjgo5Bey0EdmTQnccHPK_uOZIGo_9odQnJ9QQJx8gJyd3L87yz0fQLC_Hme/s1600-h/sonatine+4a.JPG"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhioxQSfVmXz-Tmi4qF_sXHQd4D1tbO7rd09Ccgo9u4M9bGp3_XOZwKFYzeYLQwi9qWwGMIFtxzpHWBN1bxLzjgo5Bey0EdmTQnccHPK_uOZIGo_9odQnJ9QQJx8gJyd3L87yz0fQLC_Hme/s400/sonatine+4a.JPG" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5118550491078787762" border="0" /></a><p class="MsoNormal">Dopo la parentesi in spiaggia il film ricomincia a scorrere e la violenza riappare all’improvviso,inattesa, disegnando macchie di sangue sui corpi, in silenzio, senza lamenti. Nel cinema di Kitano le cose accadono senza suspance e senza concederci il tempo per capire cosa sta succedendo, ma il suo modo di riprendere la violenza sorprende per la sua originalità lontana dall’enfasi di un Pechinpah, ma molto più vicina quanto a sensibilità e astrazione a Melville e Ozu. E’ il capolavoro di Kitano, il film nel quale ha dato prova di una sapiente<span style=""> </span>capacità registica che non segue nessuna delle strade consuete del cinema di genere, ma le supera riuscendo comunque ad emozionare e riflettere sulla sua visione “nichilistica” della vita.</p><p class="MsoNormal">Bibliografia essenziale:</p><p class="MsoNormal"><a href="http://www.castoro-on-line.it/libri/schedadellibro.aspx?IDCollana=1&ID=137">Takeshi Kitano</a> di Vincenzo Buccheri edizioni il castoro cinema</p><p class="MsoNormal"><a href="http://www.ubulibri.it/pagine/kitano.htm">Il cinema nero di Takeshi Kitano</a> a cura di Luciano Barcaroli edizioni Ubulibri</p><p class="MsoNormal"><a href="http://www.sentieriselvaggi.it/articolo.asp?sez0=137&sez1=138&art=10292">Takeshi Kitano</a> della morte dell'amore di Francesco Ruggeri edizioni Sentieri Selvaggi<br /></p><p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-55520697675822862012007-10-03T11:42:00.000+02:002007-10-03T13:12:37.485+02:00Salvator Dalì e il cinemaEsiste un denominatore comune che unisce le opere di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Luis_Bu%C3%B1uel">Luis Bunuel</a>, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Hitchcock">Alfred Hitchcock</a> e <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Walt_Disney">Walt Disney</a> e questo denominatore è una delle personalità più dotate ed eccentriche del novecento: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Salvador_Dal%C3%AD">Salvador Dalì</a>. Non ho ne la competenza ne il tempo per poter scavare nel personaggio Dalì , mi accontento di delineare i rapporti che hanno legato il grande pittore al mondo della pellicola.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDNiI-pdOmeCvVQ7qgSm3lXMbLc81MLlmcT_UCPSjA0tR8TpOGzL9b2UJ_ZeGRikl2XXaFSuYTu7r_4q0Up1cBzlgPuzt_pgAmcduFLcuJJBBsAQfsX-m1rIm3q5rWrZxNIYOhX09cIo-7/s1600-h/salvador-dali-in-sea.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDNiI-pdOmeCvVQ7qgSm3lXMbLc81MLlmcT_UCPSjA0tR8TpOGzL9b2UJ_ZeGRikl2XXaFSuYTu7r_4q0Up1cBzlgPuzt_pgAmcduFLcuJJBBsAQfsX-m1rIm3q5rWrZxNIYOhX09cIo-7/s400/salvador-dali-in-sea.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5117065986839856898" border="0" /></a> Mi sembra naturale iniziando dalla settimana trascorsa a Figueres nel 1928, con il suo amico<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Luis_Bu%C3%B1uel"> Luis Bunuel,</a> durante la quale le immagini scaturite dai loro cervelli, girate e montate in volontaria assenza di controllo razionale, danno vita ad “<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Un_chien_andalou">Un chien andalou</a>”. In quei<span style=""> </span>venti minuti di totale e sfrenata libertà espressiva, gli apporti individuali dei due artisti emergono chiaramente: la nuvola sulla luna e l’occhio tagliato sono un idea di Bunuel, la mano piena di formiche, il voyerismo, la relazione fra il sesso e la morte, per non parlare del cameo dove interpreta un prete attaccato ad un pianoforte fanno tutte parte dell’immaginazione di Dalì. E’ un peccato che già per il film successivo, “L’age d’or”, l’armonia fra i due si sia rovinata, con Dalì più lontano che mai dalle dinamiche del gruppo surrealista e ostile nei confronti di Bunuel<span style=""> </span>per le sue idee profondamente anticlericali. Passiamo al 1945, anno in cui <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Hitchcock">Hitchcock</a> sta per iniziare a girare “ Io ti salverò”, un thriller con risvolti psicanalitici. Per evitare in modo originale le scene oniriche, evitando così di ricorrere alle classiche soluzioni visive come la nebbia che circonda il bordo dell’immagine o lo schermo che trema ecc., Hitchcock chiede al suo produttore di ingaggiare Dalì: ma non per ragioni pubblicitarie, come pensa il produttore, ma per il segno netto e chiaro delle sue idee. La collaborazione si concretizza, ma di tutti i visionari e costosi progetti dell’artista nel film finito non rimane molto: il sogno che ossessiona Gregoy Peck viene “compresso” in una sequenza che dura un minuto e mezzo, divisa in tre parti, al cui interno si trovano alcuni elementi tipici di Dalì come le deformazioni della prospettiva o gli oggetti “molli”.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2lHtd1RUKpnCwenN_W-JJDyngLUM30jctYHfN1ypRb209lBlUZNQcj5lzsJ_cptq4aT-cQtAoiN9VOXCymr-x4Q6tqAPh6ocZdaPJKkPHmexQSwvs6-OGcrAKhF0wEQX1BAI0Zn6Ij3an/s1600-h/Salvador+Dali.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2lHtd1RUKpnCwenN_W-JJDyngLUM30jctYHfN1ypRb209lBlUZNQcj5lzsJ_cptq4aT-cQtAoiN9VOXCymr-x4Q6tqAPh6ocZdaPJKkPHmexQSwvs6-OGcrAKhF0wEQX1BAI0Zn6Ij3an/s400/Salvador+Dali.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5117066381976848146" border="0" /></a>Il terzo incontro col cinema si ebbe verso la fine del 1945 dopo le riprese di “Io ti salverò”, quando Dalì raggiunse <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Walt_Disney">Walt Disney </a>il quale era ansioso di mettere in<span style=""> </span>piedi un’altra produzione “artistica” dopo “Fantasia”. L’idea era quella di produrre “Destino”, un cortometraggio da musicare con una ballata del compositore messicano Armando Dominguez ed eseguita dalla cantante Dona Cruz, purtroppo poi i soldi finirono e l’idea venne accantonata. In seguito, dopo oltre cinquant’anni<span style=""> </span>la Disney ha messo in piedi un team guidato da John Hench, che era l’assistente di Dalì durante la sua permanenza negli studi, e dal regista francese Dominique Monfery, con il compito di utilizzare gli oltre 150 fra storyboard, schizzi, disegni e dipinti che sono rimasti inutilizzati. Dopo un lungo lavoro filologico di restauro e utilizzando la computer grafica nel 2003 il cortometraggio “Destino” è stato terminato: sei minuti in cui le forme in continuo cambiamento di Dalì si concretizzano nell’ultima eredità che ha lasciato al cinema.Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-27297897997681890532007-10-03T08:46:00.001+02:002007-10-03T08:46:00.699+02:00hou hsiao-hsien <div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/OIoz04NnNhQ' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/OIoz04NnNhQ'/></object></p><p>enrico ghezzi intervista hou hsiao-hsien.</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-33658802898615013122007-10-03T07:53:00.000+02:002007-10-03T08:43:45.162+02:00La triade di Taiwan<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipKW1T0-stAkUl-u935bgABLAjA1x7d5bP5HRTLYK8vXVKMLJPUbiEPRDYXp7yDNbTZtHM9lnFX8emZNPMgzraNU5ETZ4F_JkiHVfZRDhvmpDPgqRCkstjVD56cEgz1NJLRm414XfhxMia/s1600-h/image002.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipKW1T0-stAkUl-u935bgABLAjA1x7d5bP5HRTLYK8vXVKMLJPUbiEPRDYXp7yDNbTZtHM9lnFX8emZNPMgzraNU5ETZ4F_JkiHVfZRDhvmpDPgqRCkstjVD56cEgz1NJLRm414XfhxMia/s400/image002.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116996855046260466" border="0" /></a><br /><a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/tsai.html">Tsai</a>, <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/hou.html">Hou</a>, <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/yang.html">Yang</a>.<br /><br />I portoghesi la scoprirono nel 1517 e la chiamarono Formosa, "La bella". Solo in tempi recenti l'isola diventa Taiwan e solo dagli anni'80 il suo cinema arriva in occidente. Prima di allora a Taiwan si facevano soprattutto film di kung-fu. Il balenante maestro hongkonghese King Hu vi aveva girato il meraviglioso "A touch of zen", la fanciulla cavaliere errante,nel 1971. Quando, proprio nel 1971, Taiwan viene espulsa dall'Onu, quando nel 1975 muore il generale Chiang Kai-shek che sognava ancora di conquistare la Cina, quando infine nel 1979 gli Usa rompono le relazioni con Taiwan, sembra cominciare un periodo di isolamento. Ma non è così: il governo punta sul cinema e nasce quella che viene chiamata la nouvelle vague taiwanese. Due i registi che si impongono: <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/hou.html">Hou Hsiao-Hsien</a> ed Edward Yang. Hou lavora sul tema della memoria, ama il mondo rurale, privilegia fin dai primi film il piano-sequenza e le lunghe scene, compone da perfezionista ogni sguardo della macchina da presa come un quadro e come palcoscenico, dà spazio al vuoto, al tempo, al silenzio. Yang è affascinato dalle atmosfere cittadine, dal caotico incrociarsi di spazi e vite, dal brulicante rimescolarsi di culture, lingue e architetture così caratteristico del suo paese. <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/hou.html">Hou </a>si impone come raffinato artista della nostalgia e della perdita, prima in "vacanze dal nonno" (1984), "le passate cose dell'infanzia" (1985) e "ripercorrendo con nostalgia il cammino della vita"(1987), delicati ed affettuosi racconti di bambini e adolescenti in ambientazione rurale, poi con quell'affresco storico e familiare che è "città dolente", impasto linguistico di mandarino, taiwanese, shangaiese e giapponese, Leone d'oro a Venezia nel 1989. E ancora sono i ricordi del burattinaio Li, nel metaforico e fatalistico " il maestro di marionette"(1993), a raccontare 45 anni di occupazione giapponese. I più recenti di Hou, L'erratico "goodbye south goodbye" (1996), il sontuoso e fluttuante " fiori di Shangai" (1998), L'enigmatico "millenium mambo" (2001), si lasciano andare più all'osservazione di ciò che manca, che non alla narrazione di ciò che accade. <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/hou.html">Hou</a> è sempre più attratto dall'immobilità e dallo svuotamento di ogni situazione:le dilatazioni e le ellissi sono diventate la cifra del suo cinema. Il metropolitano <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/yang.html">Edward Yang</a> percorre un itinerario diverso, forse meno lineare, ma oggi più interessante. E' il fluviale " a brighter summer day" (1991) a portare Yang all'attenzione della critica. Poi vengono alcune commedie, frammentate e sofisticate, il cui caos è già detto dai titoli, "a confucian confusion" (1994) e " mahjong" (1996). Con il magnifico e misurato "Yi YI", storia familiare a più voci e Premio per la regia a Cannes nel 2000, <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/yang.html">Yang</a> trova la sua vena migliore, quella di un umanesimo sincero, tenero, profondo. Insieme a Hou e a Yang, l'altro grande del cinema taiwanese è <a href="http://venus.unive.it/asiamed/taiwan/tsai.html">Tsai ming-liang</a>. Di origini malesi, Tsai comincia con un film sulle speranze e le delusioni dei giovani di Taipei, "rebels of the neon god" (1992), poi affronta il tema dell'omosessualità in "vive l'amour"(1994, Leone d'oro a venezia), sfiora l'incesto tra padre e figlio ( che non si riconoscono nel buio di una sauna gay) in il fiume (1996), viaggia tra l'ossessione e il divertimento musicale nel piovoso " the hole- il buco" (1998). Si conferma infine autore di polso con lo ieratico "che ora è laggiù?" (2001) e con un omaggio quasi keatoniano, al glorioso vecchio cinema dei duelli volanti, "good by, dragon inn" (2003). E ci sono nuovi nomi da imparare: sopratutto quello di Lin Cheng-sheng, che vince l'orso d'argento a Berlino nel 2001 con "betelnut beauty", storia di una passione lesbica in una Taipei desolata e lacerata. L'oriente non è più rosso da un pezzo. C'era una volta Formosa la bella.<br />L'autore di questo articolo è <span style="color: rgb(255, 0, 0);">Bruno Fornara</span> ed è stato pubblicato su <a href="http://www.film.tv.it/">Filmtv.</a>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-706527998066864422007-10-02T15:06:00.001+02:002007-10-02T15:06:30.700+02:00arca russa di aleksandr sokurov<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/xudqtqodawI' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/xudqtqodawI'/></object></p><p>la scena del ballo all'Ermitage. Buona visione.</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-32407376800107544892007-10-02T14:58:00.000+02:002007-10-02T15:04:58.521+02:00Arca Russa<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipqFg3cWvuJKVUk6FIS0zgXh_mPCN57zmwT1qpBv1-P-_oWdV4oY1NC20EdI3B4Nx1ARWIBZ3j8VRy2wcCLv-6xoVeOUZRxCReUdJTWrOtPJQsIXbHnBt8EVMTEg2FAUxd_d_7Q3zwVIZM/s1600-h/sokurov.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipqFg3cWvuJKVUk6FIS0zgXh_mPCN57zmwT1qpBv1-P-_oWdV4oY1NC20EdI3B4Nx1ARWIBZ3j8VRy2wcCLv-6xoVeOUZRxCReUdJTWrOtPJQsIXbHnBt8EVMTEg2FAUxd_d_7Q3zwVIZM/s400/sokurov.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116724485400217234" border="0" /></a><br /><br /><br /><br />Titolo: <a href="http://www.spietati.it/archivio/recensioni/rece-2002-2003/rece-2002-2003-a/arca_russa.htm">Arca Russa</a><br />Regia: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Sokurov">Aleksandr Sokurov</a><br />Produzione: Russia 2002<br />Durata: 96'<br /><br /><p class="MsoNormal" style="font-family:arial;">“E’ possibile conoscere il futuro , è il passato che non si conosce” dice uno dei due protagonisti del film. Il primo è un diplomatico ottocentesco tipo Talleyrand, che incarna l’Europa occidentale nel suo amore e nei suoi pregiudizi nei<span style=""> </span>confronti della Russia (e nella nostalgia del mondo “prima della rivoluzione”); l’altro, solo una voce fuori campo,quella del regista medesimo. I due sono caduti come in un sogno dentro la storia del passato racchiusa in un luogo specifico, il museo dell’Ermitage, che fu corte di Pietro e di Caterina, di Nicola I e II, fino alla Rivoluzione d’ottobre. Viaggiano nel tempo, i nostri due esploratori di un memorabile passato, dentro un film memorabile per più aspetti, e soprattutto per la sua incredibile novità tecnica che è anche, trattandosi<span style=""> </span>di un regista come Sokurov, linguistica.</p><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUfp_Ke7uBZsXo60gR_xb3sA7MXVYvxcu7N9pA62FWoz6A8267SFU1W4O7WbAsT4TUhKLePettlbl-dglvXAi5GcTFFpNRO6SPX9v0SBIAX3HJIu4qcxJm1fTdyvfG6CYAHc2Y_DAt7QXY/s1600-h/1173a2.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUfp_Ke7uBZsXo60gR_xb3sA7MXVYvxcu7N9pA62FWoz6A8267SFU1W4O7WbAsT4TUhKLePettlbl-dglvXAi5GcTFFpNRO6SPX9v0SBIAX3HJIu4qcxJm1fTdyvfG6CYAHc2Y_DAt7QXY/s400/1173a2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116724210522310258" border="0" /></a><span style="line-height: 115%;font-family:arial;font-size:11;" >Arca Russa è infatti girato in un’unica sequenza, steadycam in spalla, correndo o fermandosi negli ambienti più vasti come nei più segreti del grande palazzo, incontrandovi zar e cortigiani, e con il pubblico odierno del museo, fino a un grande ballo finale orchestrato, come tutto il film, con meravigliosa “puntualità” e sontuosità, da fare impallidire quelli di il gattopardo e l’orgoglio degli Amberson<span style=""> </span>e il piacere di Max Ophuls. Centinaia e centinaia di attori e comparse in movimento dentro il grande palazzo e la sovrana(vien da dire zaristica) autorità di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Sokurov">Sokurov</a> a strappar loro la battuta giusta e il movimento giusto al tempo giusto. I dubbi vengono dopo il fascino, quando si comincia a riflettere sul senso del film. L’Ermitage è l’arca russa, e va bene, ma è stato anche il luogo dei riti del potere assoluto, il cuore di un sistema infinitamente oppressivo. Ci si ricorda di un racconto di Lev Tolstoj, Dopo il ballo, dove il fascino di una festa meravigliosa e di quella casta crolla, per il protagonista, quando all’alba lasciando il ballo vede il vecchio impareggiabile padrone di casa ordinare spietatamente la fucilazione di alcuni cosacchi. Troviamo spesso nella filmografia di Sokurov il termine “elegia”, ma si può fare un’elegia di questo potere, dopo che si è aggredito e smontato i riti di Hitler e Lenin, in altri film? Un buon antidoto, almeno per ragioni di equilibrio, sarebbe abbinare questo film all’Ottobre di Ejzenstejn, irruzione negli stessi luoghi meravigliosi della plebe che ne era stata sfruttata e oppressa negli ultimi </span>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-75134444099185824552007-10-02T14:01:00.001+02:002007-10-02T14:05:05.191+02:00Sussurri e Grida - il dialogo fra Maria e Karin<div xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml"><p><object height="350" width="425"><param value="http://youtube.com/v/S7HKkS5rZdk" name="movie"><embed type="application/x-shockwave-flash" src="http://youtube.com/v/S7HKkS5rZdk" height="350" width="425"></embed></object></p><p>il dialogo senza parole fra Maria e Karin. Buona visione.</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-46897185418964317622007-10-02T13:59:00.001+02:002007-10-02T14:05:46.195+02:00Sussurri e Grida - Il dialogo fra Maria e il medico<div xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml"><p><object height="350" width="425"><param value="http://youtube.com/v/9a7Xj3_36gk" name="movie"><embed type="application/x-shockwave-flash" src="http://youtube.com/v/9a7Xj3_36gk" height="350" width="425"></embed></object></p><p>il dialogo fra Maria e il medico.buona visione.</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-58363128507135941262007-10-02T13:51:00.000+02:002007-10-02T13:58:16.933+02:00Sussurri e GridaTitolo: <a href="http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film&id=318">Sussurri e Grida</a><br />Regia: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ingmar_Bergman">Ingmar Bergman</a><br />Produzione: Svezia 1972<br />Durata: 90'<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgN9pcCNgE2Lki7MQqC7S3nt6KwDf3Pd173qkHSTi-2dcI2CWy-zV6UUjpk37kftzO9mRcYvszOq-Fffx9vgAdLiByQAJsJI_kr_h7waaj4YW-mcqHjz9S0JL1zhAyeFz1VXMHn2JyJPMwx/s1600-h/sussurri+e+grida+3.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgN9pcCNgE2Lki7MQqC7S3nt6KwDf3Pd173qkHSTi-2dcI2CWy-zV6UUjpk37kftzO9mRcYvszOq-Fffx9vgAdLiByQAJsJI_kr_h7waaj4YW-mcqHjz9S0JL1zhAyeFz1VXMHn2JyJPMwx/s400/sussurri+e+grida+3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116706536731887186" border="0" /></a>Inizi del ‘900, in una splendida villa nei pressi di Stoccolma, Agnes sta morendo di cancro. E’ assistita dalla governante, Anna, e dalle due sorelle Maria e Karin. Agnes si sveglia, osserva il parco fuori dalla finestra e inizia a scrivere nel suo diario. Nella stanza entra Anna, e sveglia Maria che si è addormentata su una poltrona vicino al letto della sorella. Iniziano i flashback: Alcuni ricordi d’infanzia, la madre vestita di bianco,la zia Olga con la lanterna magica. Di nuovo nel presente, arriva il medico di famiglia David che avverte di prepararsi al peggio. Prima di andarsene Maria ferma David ,con il quale aveva una relazione, e lo invita a restare per la notte. Secondo flashback: i ricordi di Maria; la bambina di Anna si è sentita male e David rimane per la notte; Il marito di Maria è assente. Il mattino dopo, al suo rientro, tenta il suicidio. Di nuovo nel presente, è notte fonda. Anna svegliata dalle grida di dolore di Agnes corre a chiamare le sue sorelle; dopo quattro ore di sofferenze, Agnes riesce a riprendersi. Poco dopo, all’insorgere di una nuova crisi, Agnes muore a fianco di Anna. Il prete celebra il rito funebre. Terzo flashback: i ricordi di Karin; una cena in silenzio col marito; dopo la cena, Karin si ferisce la vagina con del vetro davanti al marito. Nel presente, Maria e Karin provano a<span style=""> </span>riallacciare i rapporti fra loro; Maria cerca di accarezzare Karin, ma lei rifiuta, rinfacciandole d’essere falsa. Dopo un nuovo dialogo, del quale non sentiamo le parole, le due sorelle sembrano finalmente giunte a comprendersi. Anna sogna: sente dei sussurri nella stanza di Agnes. Quando entra nella stanza la ritrova di nuovo in vita; “non riesco a lasciarvi”, dice Agnes chiedendo poi di vedere le sorelle. Entrambe si ritraggono, dichiarando di non amarla. Soltanto Anna ha il coraggio di stringerla a sé. Dopo il funerale, Maria e Karin decidono di vendere la casa e Anna viene liquidata. Le due sorelle sono di nuovo distanti come due estranee. Anna legge il diario di Agnes, nel quale scopre quanto lei fosse grata per la sua vita. Sulle parole di Agnes, l’immagine delle tre sorelle che passeggiano serene nel parco.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib9C4Zm45C2kVLPLwV6haODx-VG98kSVb7nZFehUUL1Hnehy3Oc64k8CtXpNdzB2I3jt6ZuBHiGhSYk_V0XPZPOdujvxq74nQ7-VgR4I4l6tPj6-K4aHXKtQv4R_CSptHJi7aLPO-bbKK-/s1600-h/sussurri+e+grida+2.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib9C4Zm45C2kVLPLwV6haODx-VG98kSVb7nZFehUUL1Hnehy3Oc64k8CtXpNdzB2I3jt6ZuBHiGhSYk_V0XPZPOdujvxq74nQ7-VgR4I4l6tPj6-K4aHXKtQv4R_CSptHJi7aLPO-bbKK-/s400/sussurri+e+grida+2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116706416472802882" border="0" /></a><p class="MsoNormal">Una carrellata che mostra degli orologi e che attraversa degli ambienti , completamente tappezzati<span style=""> </span>di rosso. Un rosso che per <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ingmar_Bergman">Bergman,</a> non ha solo una funzione estetica, rappresenta il colore dell’anima. E’ così che inizia <a href="http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film&id=318">Sussurri e Grida </a>, il film con il quale Bergman medita sul mistero della vita e della morte. Il silenzio , preambolo alla morte, all’inizio viene interrotto solamente dal ticchettio dei numerosi orologi e Agnes giace sul suo letto, respira affannosamente. Il suo volto è segnato dalla sofferenza, nella notte ha avuto una nuova crisi. Poi si sveglia, osserva sua sorella che dorme accanto a lei; apre il suo diario e scrive: E’ lunedì mattina presto e sto soffrendo..” . Le ultime ore di Agnes ridisegnano i rapporti familiari intorno al momento culminante della sua morte. L’assenza di Dio, l’incomunicabilità,i rapporti interpersonali, la maschera, lo specchio e la morte sono i temi cari a Bergman e vengono messi in scena utilizzando quattro personaggi femminili(tutte interpretate magistralmente), ognuno dei quali rappresenta un diverso aspetto della personalità di sua madre: Agnes la moribonda; Anna la servizievole; Maria la più bella; Karin la più forte. E’ sicuramente il film di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ingmar_Bergman">Bergman</a> che preferisco e sono due le sequenze che ricordo meglio: il dialogo fra Maria e il medico davanti allo specchio e il dialogo ,del quale non sentiamo le parole, fra Karin e Maria. </p>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-80223612039650852682007-10-02T13:33:00.001+02:002007-10-02T13:33:03.327+02:00Charulata (1964) 1a parte<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/SrhHMcpQZLE' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/SrhHMcpQZLE'/></object></p><p>la prima sequenza di charulata di satyajit ray. buona visione.</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-56204245324810996812007-10-02T13:20:00.000+02:002007-10-02T13:50:31.693+02:00Charulata<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqErqkt_ygtE4Tlv98onVjWLOukD5PUjZm8s5Izrj-uoD2MvR2zU81zst_7d4xrRFpxkqJNz1HOIApLcCQYsle-uREewL622Fpd2txI5fdQJD46lKPD-hchgj2PyTroqt-xCuVXBZjJD4H/s1600-h/charulata+locandina.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqErqkt_ygtE4Tlv98onVjWLOukD5PUjZm8s5Izrj-uoD2MvR2zU81zst_7d4xrRFpxkqJNz1HOIApLcCQYsle-uREewL622Fpd2txI5fdQJD46lKPD-hchgj2PyTroqt-xCuVXBZjJD4H/s400/charulata+locandina.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116700012676564514" border="0" /></a><br />Titolo: Charulata<br />Regia: <a href="http://www.blogger.com/India%201879/80.negli%20ambienti%20della%20borghesia%20colta%20e%20progressista%20di%20calcutta%20si%20svolge%20la%20storia%20di%20charulata.">Satyajit Ray</a><br />Produzione: India 1964<br />Durata: 120'<br /><br />India 1879/80.negli ambienti della borghesia colta e progressista di Calcutta si svolge la storia di Charulata.<br />Bhupati Dutta editore di the sentinel e uomo politico particolarmente attivo,sempre preso dai suoi numerosi impegni,non si accorge di trascurare sua moglie.Charulata (interpretata da una grandissima Madhabi Mukherjee) si è adattata a ricoprire il ruolo della tradizionale moglie indiana,pur essendo una donna dotata di una cultura raffinata e desiderosa di poter svolgere una vita più attiva;quindi,nonostante l'apertura mentale del marito,passa le sue giornate in solitudine avendo come unico contatto con il mondo esterno un binocolo da teatro, che usa per osservare quanto succede fuori dalla finestra.<br />Bhupati, per alleggerire la solitudine di sua moglie, invita suo fratello maggiore con la moglie a stabilirsi per qualche tempo nella loro casa,ma questi,ben presto, si riveleranno essere due volgari ladri.Sarà invece la visita di Amal, cugino di Bhupati, ad alleviare la solitudine di charulata.amal condivide con Charulata la passione per la musica e la letteratura e sarà proprio per merito dei suoi stimoli che charulata inizierà a scrivere ottenendola pubblicazione di una sua storia.Col passare dei giorni il loro rapporto sembra trasformarsi in qualcosa di più complesso e Amal ,leale nei confronti del cugino, decide di allontanarsi da questa situazione congedandosi con una lettera.Solo ora, osservando la reazione emotiva della moglie,Bhupati si rende conto di quanto stava succedendo sotto i suoi occhi.Charulata e bhupati si riuniranno in un finale che lascia ben sperare in un futuro migliore per la coppia.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw0ttOltzTCmTLmil_JCOMbsp4KAHaUCwr42yldXU8aTgB-TUhM2qh7wzYCEggybvayDueGGp6WaexX_KolXtQaHxUKNL5OpF6NitDo0n2CJBVAYcd-qGKSsB6FxmyqS1FR_TisY9GPZ9O/s1600-h/charulata+2.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw0ttOltzTCmTLmil_JCOMbsp4KAHaUCwr42yldXU8aTgB-TUhM2qh7wzYCEggybvayDueGGp6WaexX_KolXtQaHxUKNL5OpF6NitDo0n2CJBVAYcd-qGKSsB6FxmyqS1FR_TisY9GPZ9O/s400/charulata+2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5116700171590354482" border="0" /></a>Realizzato nel 1964 adattando la novella del 1901 Nastanirh («Il nido infranto») di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Rabindranath_Tagore">Rabindranath Tagore, </a>Satyajit Ray ,autore anche della colonna sonora,ci regala uno dei più bei ritratti femminili della storia del cinema mondiale.curiosamente rifiutato alfestival di Cannes in seguito viene premiato per la miglior regia al festival di Berlino.Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8951386322257596070.post-82073288623702400842007-10-02T11:50:00.001+02:002007-10-02T11:50:14.390+02:00Porco Rosso - una scena del film<div xmlns='http://www.w3.org/1999/xhtml'><p><object height='350' width='425'><param value='http://youtube.com/v/O0VVDc2zL2E' name='movie'/><embed height='350' width='425' type='application/x-shockwave-flash' src='http://youtube.com/v/O0VVDc2zL2E'/></object></p><p>la scena del combattimento nei ricordi di porco rosso</p></div>Kitano73http://www.blogger.com/profile/01585560590047304777noreply@blogger.com0